• Pubblicata il
  • Autore: Federica
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"Schiavo Party" - Varese Trasgressiva

Una decina di uomini vestiti da schiavi, con ai piedi delle finte catene di plastica, si aggiravano fra i tavoli, occupati da donne, servendo alle clienti la cena. Michelle, Marcella, Susanna ed io eravamo finite al Luminal, un circolo Arci ubicato nell’immediata periferia della città, sedotte da una locandina che avevamo visto affissa ad una parete della mensa aziendale dove siamo solite recarci per consumare il pranzo di mezzogiorno.
“Schiavo Party”. La scritta appariva stampata a caratteri cubitali nella locandina che i gestori del Luminal avevano diffuso in giro per la città per celebrare la ricorrenza dell’8 marzo, festa della donna. Il party, dai connotati alquanto particolari, aveva suscitato in tutte noi un forte interesse e la voglia di prendere parte all’insolita serata.
- Cazzo, ragazze! Mica possiamo perderci una serata come questa. Dobbiamo andarci! Costi quello che costi! - aveva esclamato Micelle dopo avere letto il programma della serata stampato sulla locandina. - La cena sarà servita da schiavi che per tutta la serata fungeranno da servi alle donne che prenderanno posto ai tavoli del locale.
- Wow! - aveva esclamato Marcella nell’apprendere dalla voce di Michelle che la serata si sarebbe conclusa con uno striptease maschile.
- E dopo avere assistito allo striptease che si fa? Restiamo lì a guardarci in faccia e a farci delle pippe? - aveva chiesto Susanna per niente interessata al progetto.
- Dopo andremo tutte in pista a ballare. A mezzanotte, terminata la cena, il locale sarà aperto anche agli uomini. - l’aveva stoppata Michelle indicando con un dito la striscia colorata di rosso in calce alla locandina.
- Posso sapere quanto mi verrà a costare la cena? - aveva chiesto Marcella che era rimasta in disparte.
- Il prezzo della cena è fissato in 50€. La quota comprende anche una consumazione alcolica. - aveva spiegato Michelle. - Se invece vogliamo prenotare un tavolo per sei persone ed avere uno schiavo a nostra completa disposizione il prezzo sale a 100 €. In questo caso dobbiamo pagare anche per i due posti vuoti oppure occuparli con due donne estranee al nostro gruppo.
- Beh, forse dovremmo accontentarci di gestire lo schiavo con le clienti che occuperanno i tavoli accanto al nostro senza averne uno tutto per noi. - mi ero pronunciata mettendo fine al discorso.
In calce alla locandina, in grassetto, una scritta avvisava la clientela che il target d’età gradito dai gestori del Luminal in occasione della serata era quello compreso tra i 25 e 40 anni, inoltre era necessaria una certa eleganza per presenziare alla cena. Tutt’e quattro c’eravamo messe a ridere di crepapelle nel leggere quelle specifiche. Era disdicevole che un circolo Arci come il Luminal, sorto sulle ceneri di un capannone adibito ad officina meccanica, potessero applicare quel tipo di restrizioni.
- Vorrà dire che ci metteremo in ghingheri vestendoci da gran porche. Potremmo presentarci senza mutandine! Che ne dite? - aveva esclamato Marcella.
- E un rifornimento di profilattici adeguato! - aveva concluso Michelle.
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La sera dell’8 marzo ci presentammo al Luminal vestite con l'abito da sera animate dalla voglia di trascorrere una serata all’insegna del puro divertimento. All’ingresso del locale uno schiavo di pelle nera, nudo fino alla cintola, con due pettorali debordanti ed un pacco fra le cosce da fare impressione, ci consegnò un cartoncino pieghevole con il programma della serata.
Il menù della cena era riportato nel frontespizio del depliant insieme al programma della serata. Sul retro del pieghevole c’era stampata una breve nota storica sulla ricorrenza della festa della donna che tutte avevamo letto con interesse mentre consegnavamo i cappotti allo schiavo occupato al bancone del guardaroba.
- Non sapevo che a proporre la data dell’8 marzo come giornata di lotta internazionale della donna fu Rosa Luxemburg. - disse Susanna.
- Scusate la mia ignoranza, ma chi è Rosa Luxemburg? - domandò Marcella.
- Una rivoluzionaria. - la informai.
- Nel depliant ci sta scritto che la giornata è stata indetta per commemorare la morte di 129 operaie arse vive dalle fiamme appiccate dal padrone della fabbrica per cui lavoravano. Quello stronzo d’uomo le aveva rinchiuse dentro l’opificio perché avevano scioperato chiedendo migliori condizioni di lavoro. - disse Michelle. - Leggete bene il pieghevole, c’è scritto tutto. E’ accaduto a New York nell’inverno del 1908.
- La maggioranza della gente preferisce non ricordarle certe cose. - dissi mentre mettevamo piede nella parte del Luminal destinata per quella occasione a ristorante.
Al primo schiavo che ci venne incontro Michelle gli consegnò il foglio della prenotazione. L’uomo ci fece cenno di seguirlo e gli andammo dietro.
- Il tavolo che avete prenotato è questo, il numero 8. - disse indicandoci un tavolo circolare, apparecchiato per sei persone, già occupato da altre due donne.
Prima di accomodarci al tavolo effettuammo le presentazioni con le occasionali ospiti con cui avremmo condiviso il tavolo per il resto della serata. Una di loro, Martina, era una mia ex compagna di liceo. Erano trascorsi parecchi anni da quando c’eravamo viste. Non ebbi difficoltà a riconoscerla e lo stesso accade a lei
Martina aveva mantenuta intatta la sua bellezza, anzi, era ancora più straripante più di quando aveva diciotto anni. Ci salutammo con calore scambiandoci un abbraccio e un doppio bacio sulle guance, meravigliate per l’insolito incontro. Andai a prendere posto accanto a lei smaniosa di sapere cosa aveva combinato durante i quindici anni in cui eravamo state lontane.
Il ricordo che avevo di Martina era di una ragazza viziata. A scuola era la prima della classe. La più intelligente. La più bella. E guardava con sussiego chi come me era figlia di operai, lei che aveva i genitori facoltosi professionisti.
Rimasi stupita nel costatare che era cambiata. Fui rapita dai suoi modi semplici e dalla straordinaria simpatia. Cominciammo a conversare ripercorrendo con la memoria i tempi in cui frequentavamo il liceo. Cominciammo a fare a gara nel menzionare aneddoti che ci avevano visto protagoniste insieme alle nostre compagne di classe ridendo di noi stesse e di quanto eravamo stupide a quell’età.
- Ti sei sposata? - le domandai.
- No, e tu?
- Nemmeno io.
- Accidenti! Allora siamo single tutte e due, magari siamo le uniche alunne della classe a non essere maritate.
- Ricordo che avevi un ragazzo che si chiamava Daniele. Tutte le ragazze andavano pazze per lui. Io compresa. Pensavo che te lo saresti sposato. Che fine a fatto?
- Adesso fa l’avvocato. La nostra storia è andata avanti a lungo, quasi cinque anni, poi ci siamo lasciati.
- Scusa se te ne ho parlato, non volevo essere indiscreta.
- Non devi dispiacerti, separarsi da una persona che si è amata è abbastanza normale, sono cose che succedono nella vita delle persone. Mentre stavo con Daniele ho incontrato un uomo che mi ha stregata. Ho perso la testa per lui e siamo andati a vivere insieme dopo pochi mesi che lo conoscevo. Siamo rimasti uniti per dieci anni.
- E adesso sei di nuovo sola?
- Sì, sono sola.
- Mi spiace.
- Invece sto bene senza uomini, ci credi? Il nostro rapporto si era logorato, non facevamo altro che litigare e gettarci delle accuse addosso.
- Lo hai lasciato tu, oppure ti ha lasciata lui?
- Che importa? Quando ci siamo lasciati ero così contenta che non ricordo nemmeno chi dei due ha preso l’iniziativa di separarci. Ma parlami di te, dai.
- Dopo il liceo ho frequentato la scuola per infermiere professionali, dopodiché sono andata a lavorare in ospedale. E tu?
Martina stava per rispondermi, ma fu distratta dall’amica che la chiamò a sé per indicarle una tipa che stava prendendo posto a un tavolo poco lontano dal nostro. Quando Martina si girò verso di me le era già uscita dalla mente la domanda che le avevo posto.
- Cosa ne pensi degli uomini schiavi? Non li trovi ridicoli? - disse volgendosi a me.
- Gli uomini sono tutti ridicoli. - dissi.
- Meglio averli come schiavi e sottomessi piuttosto che padroni, non credi?
- Non ho mai avuto padroni, solo uomini da scopare. - dissi.
- Ti scoperesti uno di questi schiavi?
- Beh, qui tutto l’ambiente è simpatico, ma non sono di mio gusto - risposi imbarazzata.
- Sì, certo, ma non ti ecciti guardando gli slip degli schiavi che ci girano d’intorno?
- Eh?
- Non dirmi che non ci hai fatto caso, eh? - disse l’amica di Martina indicando con lo sguardo l’inguine di uno schiavo che stava transitando davanti al nostro tavolo.
- Che hanno di tanto strano? - chiese incuriosita Susanna.
- Il pacco che tengono fra le cosce, vero? - dissi rivolta a Martina.
- E che altro!
- Ce l’hanno troppo grosso per nascondere un cazzo vero. E’ tutto uno scherzo! Una messinscena! Ve lo assicuro io che di cazzi me ne intendo. - disse Michelle stupendo le nostre ospiti con la sua proverbiale schiettezza.
- Non giudicateci male. - dissi rivolgendomi a Martina e alla sua amica. - Siamo tutt’e quattro infermiere e durante il lavoro in ospedale ci capita spesso di stringere nella mano il cazzo di qualche paziente specie quando hanno bisogno di essere cateterizzati.
- Cateterizzati? - disse Martina
- Beh, a volte siamo costrette a infilargli una catetere nell’uretra se non sono in grado di pisciare da soli. - la illuminai.
Martina abbozzò un sorriso e incominciai a ridere imitata dalle mie amiche che colmarono il tavolo di risate.

Durante la serata mettemmo alla berlina gli schiavi che si avvicinavano al nostro tavolo prendendoci gioco di loro e del pacco farlocco che esibivano all’inguine. Martina approfittò del trambusto creatosi mentre ci sganasciavamo dalle risate per lasciare cadere in più di una occasione la mano sulle mie cosce. Il calore trasmessomi dal contatto della mano sulla pelle mi procurò un forte turbamento ormonale. Se mi aveva toccato in quel modo non lo aveva fatto né per cameratismo né per caso. Ne ebbi la prova quando mi carezzò in maniera a dir poco spudorata il ginocchio e la lasciai fare.
Quando allo scoccare della mezzanotte i gestori del Luminal diedero libero accesso agli uomini che stavano in attesa fuori dal locale la maggioranza delle donne si precipitò sulla pista da ballo. Soltanto Martina ed io rimanemmo sedute al nostro posto attorno al tavolo.
- Non ti va di scatenarti sulla pista da ballo al ritmo di queste musiche sudamericane? - disse Martina.
- Non ho voglia di subire i corteggiamenti di qualche stronzo persuaso che in una serata come questa ogni donna sia una preda facile da scopare. Di uomini che mi fanno il filo ne ho anche troppi, non ho bisogno di andare a cercarli.
- E donne che ti sciamano d’intorno ne hai?
Non rimasi sorpresa dalla sua domanda, sospettavo che si sarebbe lanciata in qualche avance e non desideravo altro che ricevere le sue attenzioni.
- Qualcuna c’è. Tu sei una di queste. Sbaglio?
- In una sera come questa a noi donne ci è permesso fare di tutto, non credi? - disse Martina.
- Ad esempio? - dissi.
- Ho voglia di baciarti, adesso, subito. - disse guardandomi fissa negli occhi. La imitai perdendomi nelle sue pupille azzurre.
Ero bagnata fra le cosce e lei sembrò accorgersene perché m’infilò la mano sotto la gonna e la fece risalire sino al bordo delle autoreggenti accarezzandomi adagio. Non disdegnai le sue carezze, rimasi inerme a subire le sue avance trattenendomi dal dire una sola parola respirando con affanno per il piacere che sapeva trasmettermi il tocco della mano.
- Andiamo? - disse alzandosi dalla sedia.
Allungò la mano e la distese nella mia direzione. L’afferrai e seguii dappresso Martina mentre attraversava la pista da ballo. Quando superò la porta dei gabinetti riservati alle signore le andai dietro anche lì.
Ci ritrovammo una di fronte all’altra in uno spazio angusto circondate dalle pareti di un cesso. Un sorriso malizioso traspariva dalle sue labbra. Accostò la schiena alla parete e rimase a guardarmi in attesa che la baciassi. Dalla scollatura dell’abito scaturivano le forme tonde delle tette che s’innalzavano e abbassavano seguendo il ritmo affannato del respiro. I capezzoli sembravano trapassare il tessuto che li conteneva tanto erano turgidi e sporgenti. Avvicinai le labbra alle sue e le sfiorai più volte delicatamente rimanendo distante con il resto del corpo. Quando mi passò le braccia attorno ai fianchi e mi attirò a sé chiusi gli occhi e mi abbandonai al suo abbraccio. Seguitai a sfiorarle la bocca con le labbra contenendo la voglia che avevo di penetrarla con la lingua.
Martina lasciò cadere le braccia verso il basso e mi cinse le natiche con le mani, poi attirò il culo a sé. Le infilai le dita fra i capelli scompigliati e le massaggiai la nuca scotendola di brividi. Le tirai il capo all’indietro e la baciai sul collo. Trascinò il capo da un lato all’altro per sfuggire ai miei baci. Mentre la rincorrevo con la bocca le diedi più di un morso sulla nuca. Piegò le ginocchia e per un istante sembrò crollare per terra. Entrambe non riuscivamo a contenere la nostra eccitazione, ansimavamo come due cagne in calore, desiderose di essere scopate.
Quanto la penetrai nella bocca, trapassando con la lingua la catena dei suoi denti, mi sentii sollevata da terra e incominciai a muovermi nell'aria tanto ero eccitata. La sua bocca possedeva la dolcezza del miele e la morbidezza di un petalo di rosa. Seguitai ad attraversarle la bocca scopandola con la lingua senza sospendere per un solo istante la mia azione. Lei fece lo stesso intrecciando la lingua con la mia stimolandola con delle continue leccate, sbavando saliva in grande quantità, esortandomi a titillare la lingua contro la sua.
Il suo corpo fremeva di piacere, seguitai a baciarla in quel modo con le gambe che mi tremavano e la figa mi doleva per la trepidazione. Attraversai con le mani l’ampia scollatura dell’abito e incominciai a carezzarle le tette prive di reggiseno. Il tocco delle dita sui capezzoli fecero trasalire Marina, incominciò a mugolare e si abbandonò al piacere che sapevano darle quei toccamenti.
Tutt’a un tratto si disinteressò delle mie natiche che fino a quel momento aveva cinto con le mani tenendomi accostata a sé e m’infilò una mano fra le cosce. Risalì con le dita sino al pube senza trovare nessuna altra protezione che la pelliccia dei miei peli.
- Sei nuda sotto? - mi chiese con voce tremula.
- Sì.
- Lo hai fatto apposta in occasione di questa sera?
- Non le indosso mai.
La risposta sembrò eccitarla ancora di più. Raggiunse con le dita le labbra della figa e cominciò a carezzarle. La imitai e trascinai le dita sotto l’esile perizoma che le proteggeva la sua di figa. Martina ebbe un sussulto quando la penetrai con un dito. Aveva la passera inzuppata di umore come la mia. Cominciammo a masturbarci a vicenda senza smettere un solo istante di baciarci spargendo una grande quantità di saliva dalle nostre bocche.
Tutt’a un tratto mi afferrò il capo e lo sospinse verso il basso obbligandomi ad inginocchiarmi davanti a lei. Le abbassai il perizoma sino ai piedi e glielo tolsi facendolo passare attraverso le caviglie. Le sollevai la veste e Martina fu lesta ad allargare le gambe. M’incuneai con le guance fra le cosce e raggiunsi l’apertura della figa con la bocca. Cominciai a leccarla mantenendo le braccia appese ai suoi fianchi a tenerle sollevata la veste.
Dalle labbra di Martina uscirono dei sibili accompagnati da tremori alle gambe e gemiti, quando capii che era prossima all’orgasmo accostai le labbra alla sporgenza carnosa del clitoride e cominciai a succhiarlo.
Lo aveva turgido e generoso di lunghezza. Non rimasi delusa, mi abbandonai a spompinarlo determinata a condurla sino all’orgasmo. Nell’istante in cui le diedi un morso nella coscia le sue gambe cominciarono a flettersi e incominciò a parlare.
- Mi fai godere… Sì, mi fai godere.
S’inarcò con la schiena e le gambe cominciarono di nuovo a tremarle. Seguitati a succhiarla la sporgenza di carne che le spuntava dalla figa fintanto che cominciò ad urlare.
- Basta! Basta! Ti supplico, basta! Mi fai morire.
La sua implorazione mi eccitò ancora di più. Diedi maggiore impulso al movimento delle labbra e la spompinai fintanto che si accasciò tramenate col culo sul pavimento mettendo fine all’orgasmo.
E’ trascorso più di un mese dalla sera in cui ho preso parte alla serata del Luminal. Martina ed io ci vediamo almeno un paio di sere alla settimana. Non so quanto tempo potrà durare questa liaison, sto bene in sua compagnia e questo mi basta.

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17/05/2007 19:15

FABIETTA

storia molto erotica, scritta bene non c'è che dire, le donne hanno uno stile molto particolare nel descrivere un incontro di sesso, ancor più se lesbo.....infatti mi stupisce molto l'uso continuo di vocaboli "forti"

17/05/2007 18:36

horsewithnoname

Una storia lesbo piacevole da leggere. Eccitante. Vi interessa una liaison a trois? Sarei anche contemplativo, almeno fino a quando riuscirei a trattenermi.

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